A cena con Satana, Michail e un gatto
Invito alla lettura de "Il Maestro e Margherita", in forma di atto unico (senza Margherita)
Molti dei miei migliori amici sono morti. Altri, forse, non sono mai esistiti. Ma ci sono sere fortunate in cui, se chiudo gli occhi, riesco ancora a cenare con loro.
PERSONAGGI
DR: uno scrittore qualsiasi del ventunesimo secolo.
MICHAIL AFANAS'EVIČ BULGAKOV: LO scrittore del ventesimo secolo.
WOLAND: Un signore. Indefinibile.
BEHEMOTH: Un gatto nero di dimensioni allarmanti.
(SCENA)
Interno. Ristorante "Otkrovenie" (Rivelazione). È il miglior ristorante di ovunque, perché non è su nessuna mappa, stradario, sito di recensioni. Cambia al cambiare dei suoi commensali e questa sera ha assunto le sembianze di un locale moscovita d'altri tempi. Pesanti tende di velluto bordeaux isolano dal mondo, l'aria profuma di cera, aneto e fumo di tabacco forte (sì, all’Otkrovenie si può fumare). Un cameriere silenzioso si muove tra i tavoli con la solerzia di un cosacco. Ad un tavolo d'angolo, tre uomini. DR col suo martini. BULGAKOV che ha davanti a sé un piccolo bicchiere di vodka e un piattino di zakuski. WOLAND che osserva un calice di vino rosso dello stesso colore dei suoi occhi. Al suo fianco, BEHEMOTH, il gatto, anche lui con un calice di rosso, emettendo un suono che somiglia più al motore di un Tupolev in picchiata che alle fusa di un micio.
DR
(Si sporge leggermente sul tavolo, verso Bulgakov)
Maestro, permette che le parli del suo libro? Sa che da noi, un certo Montale, un poeta!, ha definito il suo romanzo un “miracolo”. Scrisse che bisognava “salutare con commozione” la sua pubblicazione. E aveva dannatamente ragione. È un libro che...
(Woland, che fino a quel momento aveva ispezionato un bliny con la perizia di un gioielliere, alza lo sguardo e sorride, senza che il sorriso coinvolga i suoi occhi.)
WOLAND
Un miracolo? Mein Gott, che sentimentalismo. I poeti hanno sempre un debole per il teatrale. Non fu un miracolo, mio caro David. Fu più… una transazione… un atto di riequilibrio cosmico. Non trova, Michail Afanas'evič?
(Bulgakov, ignorandolo, inghiotte la vodka con un unico, secco movimento. Poi fa un cenno al nulla alle sue spalle da cui appare il cameriere che gli riempie di nuovo il bicchiere.)
BULGAKOV
(Con voce roca, stanca)
Io so solo che per un decennio ho parlato con le macchie di muffa sui muri. E che una volta, al telefono, mi ha parlato il Diavolo in persona. Quello vero, s’intende… Quello coi baffi... Mi chiese con una voce untuosa: "Le siamo venuto tanto a noia?". Come se fossi io il suo aguzzino.
DR
La famosa telefonata di Stalin. È una scena che sembra scritta da lei. Il potere assoluto che gioca con la preda.
BULGAKOV
(Una smorfia che è l'ombra di un sorriso)
Il potere non gioca. Il potere si annoia. E per distrarsi, schiaccia gli uomini e le cose. Mi offrì un lavoro in teatro. Un palco, invece di una fossa comune. Un esilio più confortevole, non c’è che dire. Ma cosa ne potete sapere voi, che vi preoccupate solo di non avere abbastanza like?
WOLAND
(Tagliando un pezzo di storione con la precisione di un neurochirurgo)
Oh, ma lui lo sa. Per questo è qui. Vuole capire il meccanismo della giostra. Vuole che lei gli serva su un piatto d'argento il senso delle sue tre storie: quella del Maestro lamentoso, quella di quel miope Procuratore romano e quella della mia modesta visita di lavoro nella vostra capitale. Non è così, David?
(Behemoth apre un occhio, sbadiglia mostrando una gola di un rosso carminio, e con una zampa sposta un cetriolo sottaceto e un grosso pezzo di storione dal piatto di Woland al suo.)
DR
Beh, sì. L'architettura del romanzo è una sfida sbalorditiva. E poi quella Mosca dove lei e la sua corte...
WOLAND
(Alzando una mano)
La mia corte non faceva che fornire uno specchio. Se l'immagine riflessa era quella di un idiota presuntuoso con la testa che si staccava dal collo, la colpa non era certo del nostro specchio. Avevano dichiarato guerra al cielo, e pensavano di aver risolto il problema della metafisica. Ingenui. Non avevano considerato l'opposizione…
BULGAKOV
(Mormorando nel suo bicchiere)
Contro la farsa della vita, l'unica risposta è una risata in pagina. Una risata che li seppellirà tutti, quei solerti compagnucci con le tessere rosse e le anime grigie.
DR
Quella frase... quella che pronuncia lei, messer Woland... Quella sui manoscritti!
(Woland posa la forchetta. Con un gesto lento, quasi annoiato, schiocca le dita. Il cameriere appare e rimane immobile vicino a un samovar. Un istante dopo prende fuoco, ma rimane impassibile. Poi sparisce di nuovo, ma sul tavolo, al posto del pane, ora c'è un plico di fogli anneriti ai bordi.)
WOLAND
Die Manuskripte brennen nicht. I manoscritti non bruciano. È una semplice legge fisica, non capisco perché voi umani ne facciate un tale dramma. Le idee hanno una loro massa. Non possono essere annientate, solo trasformate. A volte in un libro, a volte in un grido di protesta, a volte in una canzone da tre soldi su un diavolo simpatico. Ho sentito che quel giovanotto inglese, quel Jagger, si è molto divertito col libro del nostro Michail Afanas'evič. E anche quel poeta… quello che mi ha dedicato il suo libro migliore… quel Rushdie… è rimasto piuttosto colpito dalla sua opera, Michail Afanas'evič. Toccante.
BEHEMOT
(Con aria indifferente, come se parlasse a se stesso)
Piuttosto colpito, sì… Ottima scelta di termini, non c’è che dire.
DR
E il cinema? Le trasposizioni? Ho sempre pensato fosse un'opera impossibile da filmare…
(Bulgakov fa una smorfia, come se la vodka fosse annacquata.)
BULGAKOV
Tognazzi, nel ‘72... un bravo attore, una faccia perbene. Ma il mio Maestro non era un uomo perbene. Era un uomo a cui avevano cavato l'anima con un cucchiaio arrugginito. Per fortuna poi, arrivò CB...
WOLAND
(Con un lampo di ammirazione negli occhi)
Ah, ecco. Carmelo Bene. Lui sì che aveva compreso davvero! Non ha messo in scena il libro. Ha capito che il testo andava fatto a pezzi e le schegge usate per pugnalare il pubblico. Il Faust del '66 fu un pandemonio di gran classe. Aveva indovinato il segreto.
DR
Quale segreto?
WOLAND
(Si alza, il pasto intatto. I contorni degli arredi del ristorante paiono farsi incerti)
Che non c'è nessuna allegoria da spiegare. Ci sono solo caos, passione, e la certezza che ogni potere che si crede assoluto è soltanto una farsa triste in attesa di una vera risata. Non c’è nessun senso. Mai. E ora, se vuole scusarci, abbiamo un ballo a cui presenziare. Michail Afanas'evič, andiamo? Margherita è impaziente.
(Bulgakov si alza. Per la prima volta, sembra quasi sorridere. Getta a terra il mozzicone della sua sigaretta che si dissolve prima di toccare il pavimento. Guarda DR un'ultima volta.)
BULGAKOV
Lo scriva. Ma lo scriva bene. E non abbia paura. È la cosa più importante.
(Woland, Bulgakov e Behemoth si allontanano, non camminando, ma svanendo nel buio vellutato del ristorante. DR rimane solo al tavolo, col martini, un manoscritto che odora di fumo e un conto che non arriverà mai.)
(BUIO)
Note a caso per il lettore curioso
Eugenio Montale, Un miracolo russo, Corriere della Sera, 28 maggio 1967.
La telefonata tra Stalin e Bulgakov avvenne il 18 aprile 1930. È uno degli episodi più emblematici del rapporto tra arte e potere nel XX secolo.
“I manoscritti non bruciano” (in tedesco nel testo, Die Manuskripte brennen nicht): la frase è diventata un simbolo globale di resistenza alla censura, ispirando artisti come i Rolling Stones per Sympathy for the Devil e Salman Rushdie per I versi satanici.
Il maestro e Margherita, del 1972, è stato diretto da Aleksandar Petrović, con Ugo Tognazzi (il Maestro) e Alain Cuny (Woland). Mi è sempre sembrato davvero brutto.
Carmelo Bene portò in scena Faust o Margherita nel 1966. Il testo lo scrisse insieme a Franco Cuomo e mi disse spesso che avevano saccheggiato più Bulgakov di Goethe. Fu un fiasco assoluto, anche se deliziò Alberto Arbasino ed Ennio Flaiano. Anni dopo, ci riprovò con Branciaroli e Trionfo e quello andò (quasi) bene, anche se al direttore di produzione prese un infarto quando lo vide. Ma questa è davvero un’altra storia.
Mi hai fatto venir voglia di rileggerlo… le schegge sono ancora tutte conficcate a dovere, comunque, dopo tutti questi anni… grazie Davide… un’atmosfera lynchiana, red curtain red room…