Le nuove regole di una gara già persa
Europa e Italia legiferano sull'IA, ma la partita per il futuro è già stata vinta altrove. Una riflessione sulla nuova legge italiana e sulla sua impeccabile irrilevanza.
La gara è finita. Bella, fulminante. I vincitori sono già sotto la doccia, le medaglie al collo. Ma in pista c'è ancora un atleta, ai blocchi di partenza. Aspetta uno sparo che è già stato esploso da tempo. Quell'atleta è l'Italia. Il suo allenatore, l'Europa.
La gara sull'Intelligenza Artificiale non è solo terminata: il podio è stato smontato e le luci si vanno spegnendo. Le regole che scriviamo oggi non servono a competere. Servono a gestire con impeccabile irrilevanza una sconfitta che avrà esiti pesantissimi sul futuro di generazioni.
La recente legge italiana sulla Intelligenza Artificiale, come l'AI Act europeo che la ispira, è un esercizio di stile burocratico il cui principale contributo sarà quello di aggiungere nuovi viluppi al regolamento condominiale d’un paese già gravemente affetto da delirio normativo.
Intendiamoci: il DDL italiano si presenta come un'architettura ben congegnata. Ci sono le fondamenta, i pilastri e le stanze arredate con cura.
C'è una governance, con una Cabina di Regia a Palazzo Chigi e un ruolo per le agenzie dello Stato. Si disegnano organigrammi, si definiscono competenze. Tutto molto ordinato.
C'è un fondo di investimento che mira a mobilitare un miliardo di euro tramite CDP Venture Capital. Una cifra che suona imponente nelle sale stampa romane. Peccato che Microsoft, in un singolo accordo, ne abbia investiti dieci in OpenAI. E che il costo per l'addestramento di un singolo modello di frontiera come GPT-4 sia stimato in oltre 100 milioni di dollari. Il nostro miliardo, spalmato su più anni e progetti, equivale a portare un'elegante pistola da duello su un campo di battaglia dove il nemico combatte con droni e RPG1.
C'è la tutela del diritto d'autore. Si stabilisce il principio di un "equo compenso", un concetto giusto e sacrosanto. Ma lo si affida a future delibere dell'AGCOM, quando l’ultimo degli LLM in circolazione ha già digerito quasi l’intero scibile umano accessibile online.
E ci sono le sanzioni (quelle non mancano mai). Fino a cinque anni di reclusione per chi crea deepfake dannosi. Un deterrente necessario. Uno scudo per difendersi. Più o meno della stessa efficacia d’un grazioso parasole contro un razzo sparato da uno degli RPG di cui abbiamo parlato poco fa.
Il gioco (o la battaglia, se preferite), nel frattempo si gioca altrove. Su tavoli diversi, con regole diverse.
A Washington e in Silicon Valley, il gioco è privato. Il governo osserva, finanzia la ricerca di base, emana linee guida non vincolanti come il framework del NIST. Ma non comanda. Comanda il capitale. Google, Microsoft, Amazon, Nvidia. Lanciano prodotti, acquisiscono startup, assumono i migliori cervelli del pianeta, inclusi molti europei. Non chiedono il permesso. Al massimo, se proprio la combinano grossa, chiedono scusa (a volte). L'innovazione è permissionless. Veloce, brutale, efficace. Per quello che posso, gioco con loro.
A Pechino, il gioco è dello Stato. Il Partito ha una strategia chiara: il primato tecnologico globale entro il 2030. Sceglie i suoi campioni – Baidu, Alibaba, Tencent – e li sostiene con fondi sovrani, politiche industriali e un accesso privilegiato ai dati di un miliardo e quattrocento milioni di persone. L'obiettivo non è il prossimo trimestre. È la prossima generazione. È il tipo di IA nei confronti della quale mi scopro luddista.
E l'Europa? L'Europa, in questo scenario, si ritaglia con orgoglio il ruolo di regolatore globale. L'AI Act è un'opera di ingegneria giuridica ammirevole, il tentativo di creare un'IA "antropocentrica", "etica", "affidabile". È una posizione moralmente inattaccabile. E molto probabilmente, del tutto irrilevante.
Tentare di normare una tecnologia che non si produce su scala competitiva è come scrivere le norme edilizie più sofisticate del mondo in un Paese che ha smesso di costruire.
L'Unione Europea ha impiegato più di tre anni per passare dalla proposta alla versione finale dell'AI Act. In quei tre anni, OpenAI è passata da GPT-3 a GPT-4o. La distanza tra il tempo della legge e il tempo della tecnologia non è più un divario. È un abisso.
Quindi, il DDL italiano è inutile? No, ma bisogna vederlo per ciò che davvero è. Non è la strategia per vincere la partita. È un manuale per gestire la sconfitta.
È un atto difensivo. Un tentativo di proteggere i cittadini dagli effetti più dirompenti di tecnologie che non controlliamo, non sviluppiamo e di cui preferiamo non comprendere il pieno potenziale. Le norme sulla sanità, sulla giustizia, sulle sanzioni per i deepfake: sono tutte misure per limitare i danni. Per costruire un riparo mentre fuori imperversa una tempesta tecnologica che altri hanno scatenato. Avrà la stessa tenuta della casa di paglia del primo porcellino.
Ed è anche un tentativo, forse disperato, di ricavarne almeno un soldino – l'equo compenso – per il passaggio di colossali autostrade dell'informazione costruite con dati anche nostri. Nella terra di Leonardo da Vinci e Galileo Galilei non c’è più molto spazio per arte e scienza, ma solo per nuove gabelle.
Alt, chi siete? Da dove venite? Cosa portate? Dove andate? Un fiorino!2
Scrivere le regole di una gara già perduta non è un atto (“delirante”, nell’etimo3) di potere. È un disperato atto di adattamento. Un tentativo di rendere la nostra posizione di “consumatori tecnologici” un po' meno svantaggiosa. Forse è necessario, ma temo che porterà più danni che benefici. Il pericolo più grande nel “Bel Paese” non è una cattiva legge, ma una buona legge resa inefficace dalla burocrazia.
Siamo maestri sublimi e perfetti quando si tratta di creare architetture normative più complesse d’un trattato di Fisica Quantistica, i cui decreti attuativi richiedono anni. Anni che, nel campo dell'IA, equivalgono a ere geologiche.
Un imprenditore, uno scienziato o un creativo italiano si troveranno presto di fronte a un muro di certificazioni, conformità e autorizzazioni preventive che i loro colleghi di Palo Alto semplicemente non hanno. E di fronte a questo muro, la tentazione di andarsene sarà ancora più forte di quanto non sia già oggi.
O forse no. Forse non partirà nessuno… e resteranno tutti fermi ai blocchi, ad aspettare che il silenzio di uno stadio ormai vuoto venga spezzato dallo sparo di una starter che ha già premuto il grilletto da molto tempo.
Con decenni di ritardo stiamo iniziando a comprendere che disastro sia stato rinunciare al nucleare. La legge europea e quella italiana sulla IA rischiano di comportare disastri molto più gravi.
Sitografia
Council of the EU, Artificial intelligence (AI) act: Council gives final green light to the first worldwide rules on AI
Governo Italiano, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Comunicato Stampa del Consiglio dei Ministri n. 79
Il Sole 24 Ore, IA, via libera al ddl: dote di un miliardo e sanzioni fino a 5 anni per i deep fake
Reuters, Microsoft's $10 billion bet on OpenAI could be a game-changer
The White House, Executive Order on the Safe, Secure, and Trustworthy Development and Use of Artificial Intelligence
La sigla RPG, dal russo РПГ, sta per Ручной Противотанковый Гранатомёт (Ruchnoy Protivotankovyj Granatomjot), ovvero "lanciagranate portatile anticarro", e indica una specifica serie di sistemi anticarro di fabbricazione sovietica (oggi russa). L'acronimo inglese derivato, che sta per Rocket Propelled Grenade, ha assunto un significato più ampio e generico, che comprende tutti i lanciatori portatili a mano con munizione, costituita da un unico razzo inserito a candeliere nel tubo di lancio e attivato mediante un innesco elettrico, che ne accende il motore.
Per gli amici non italiani che mi leggono nella traduzione AI di Substack: è una delle citazioni più note di un film molto famoso in Italia che si intitola Non ci resta che piangere scritto, diretto e interpretato da Roberto Benigni e Massimo Troisi (1984).
delirare: v. intr. [dal lat. delirare, propr. «uscire dal solco (lira)»] (aus. avere).